di quanto è dolorosa la libertà

Il 7 Novembre 2012 il Consiglio dei Ministri Francese ha approvato il progetto di legge sulle unioni tra persone dello stesso sesso e che dà a queste ultime la possibilità di adottare un bambino. Questo stesso 7 Novembre, in questa ondata di rimodernamenti, o meglio forse di riconoscimento della realtà, gli stati di Washington, Maryland e Maine hanno legittimato lo stesso diritto ai propri cittadini. Ancora, in questo Novembre quasi strabordante, il presidente spagnolo Rajoy ha dovuto abbassare la testa e rimettersi seduto in un angolo a mordersi la lingua, perché pur spingendo con tutte le sue forze non è riuscito a far retrocedere il paese al pre-Zapatero, che nel 2004 aveva fatto della Spagna uno dei pionieri europei dei diritti omosessuali, riconoscendo loro gli stessi diritti delle coppie eterosessuali. In questo stesso traboccante 7 Novembre Avvenire pubblica la notizia francese riportando, con un sottile retrogusto di sdegno, che la Francia ha “equiparato i matrimoni tra persone dello stesso sesso a quelli tra persone eterosessuali”. Per il presidente francese, invece, questo è “un progresso non soltanto per qualcuno ma per tutta la società”. Un po’ come la missione dell’Apollo 11, insomma. A distanza di soli 12 giorni dall’introduzione di queste grandi novità, prove di un effettivo progresso dell’intera società francese o più semplicemente di un lento e graduale levarsi il prosciutto davanti agli occhi -come si dice nella Londra bene-, la Francia cattolica integralista si è sentita pungere il didietro, apparentemente con molta veemenza, perché non ha saputo resistere ed è scesa in piazza, anche lei, rivendicando -non si sa perché, non-diritti per persone che non sono loro. Il tutto, ai miei occhi, piuttosto paradossale. Tra simpatici slogan quale “sì alla famiglia, no all’omofollia” (benvenuti nel 200 a.C.), spicca per genialità e coraggio, oserei dire, l’osservazione del rappresentante di Civitas, un gruppo cattolico conservatore, Alain Escada che sostiene che “l’omosessualità è una deviazione che va corretta” (benvenuti nel 1400 a.C., con l’elettroshock o con una cura contro il gene malefico dell’omosessualità?). La stessa Civitas si è autodifesa proclamando nella propria homepage la follia pro-omosessuale della giornalista Caroline Foureste, che a loro avviso starebbe diffondendo attraverso la stampa notizie false, tendenziose e prive di dimostrazione, per paura della crescente folla supportante che gravita attorno al gruppo. Le notizie in questione, prive di prove, sarebbero che lei e alcuni esponenti di un gruppo femminista ucraino, “Femen” avrebbero ricevuto un trattamento piuttosto “violento” da parte dei pacifici, sarebbe il caso di dire angelici, manifestanti di Civitas.
Se avessi soltanto una piccola, piccolissima voce in capitolo vorrei far scivolare sul tavolo della segreteria di Civitas due cose. La prima è questa:

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Sulla seconda, invece, imprimerei in grassetto il nome di Alain Escada, ché non vorrei gli passasse inosservata.

Lui è Elijah, bimbo con due mamme, e lei è Michele Bachmann, uno dei candidati alle presidenziali appena svoltesi negli Stati Uniti d’America. Lei, come Escada, ha definito l’omosessualità un “disordine sessuale” che ha bisogno di essere curato, si è schierata contro i matrimoni tra persone dello stesso sesso poiché innaturali e, non contenta, ha biasimato la scelta della Walt Disney di permettere ad Elton John, in quanto omosessuale, di interpretare la colonna sonora di un film per bambini, poiché non educativo. Alla Bachmann, il piccolo Elijah, di appena 8 anni ha risposto:

“My mommy’s gay, but she doesn’t need to be fixed”, ossia “la mia mamma è gay, ma non ha bisogno di essere curata”. Ecco, vorrei rispondergli proprio così.

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